Esistono svariati modi di narrare fatti e descrivere luoghi trasmettendone pienamente immagini e situazioni. Quello essenziale, originale e allo stesso tempo semplice di Domenico Scrivano, ci colpì già otto anni fa. Una sera, una delle tante passate nella vecchia sede di Radio Ciroma, la redazione decise di stampare il suo primo progetto: In Alexanderplatz come in piazza del Duomo. Tale scelta si materializzò in quel sotterraneo d’improvviso, senza bussare e varcò quell’ improvvisato uscio così come entrano nella nostra mente nuovi pensieri a destabilizzare paranoie stagnanti; così come un telefonata inaspettata ti costringe a lasciare contemplazioni consuete e dal retrogusto un po’ chimico. La voglia di improvvisarci spacciatori di emozioni, la volontà di sperimentare attraverso la scrittura nuove potenzialità, ci vide subito entusiasti; cosicché il progetto, ben presto, prese forma… E prese forma così come volevamo che la prendesse: senza una prefazione, con una grafica scarna ma d’impatto ed un’impaginazione semplice. Forse si voleva dare maggior fondamento e significato alle parole, o forse era quanto di meglio riuscimmo a fare allora. Ad ogni modo, il testo era molto scorrevole; inoltre, la capacità di Domenico di trasportare questa città, i suoi abitanti ed i suoi “personaggi” in altri luoghi, rendendo familiare al lettore sia le inusitate e poco percorse strade dei borghi teutonici che le più “battute” strade di Amsterdam, risultò essere un’impostazione allo stesso tempo ironica ed efficace. Nello scorrere delle pagine, pur attraversando diverse città d’Europa, si ha l’impressione di non allontanarsi da P.zza Fera e dintorni. Chi ha avuto modo di leggere anche altre pubblicazioni di Domenico, ha l’impressione infatti di vivere in uno dei mondi immaginati dalla matita di Leiji Matsumoto, laddove personaggi, storie, luoghi e avvenimenti si intrecciano a distanza di tempo ed in situazioni diverse. E’ come se si raccontasse, in diversi momenti e da prospettive differenti, la stessa vicenda; in questo caso un determinato periodo della nostra città. Il tutto è però rivisto spesso in chiave ironica e spregiudicata. “Allegra e Combattiva” direbbe qualcuno. I colori, gli atteggiamenti, i pregi e i difetti della quotidianità locale trovano posto tra i bagagli di viaggiatori scanzonati e disorganizzati, diventano facile approdo alla socialità e alla aggregazione, sul cui sfondo non mancano mai riferimenti musicali a delineare attitudini e tendenze. Un dovuto tributo ad un periodo particolare di questa città di cui giorno per giorno sembra sparire anche il ricordo. L’idea di ristampare il lavoro di Domenico Scrivano nasce oggi anche dall’esigenza di porci in contrasto col presente e, “raccontare”, potrebbe ricreare, da questo punto di vista, il “ posto giusto” di cui fantasticava uno strano personaggio in Easy Rider, mostrando poco interesse per una squallida realtà. A circa 8 anni di distanza dalla prima edizione, indubbiamente il progetto si muove sulle medesime linee di continuità culturale, di impegno costante e di stima che ci lega all’autore. Il testo originario è stato rivisto, riadattato e organizzato secondo uno schema più completo, anche grazie all’esperienza acquisita negli anni. Volendo enfatizzare i momenti diversi delle due pubblicazioni il tema del viaggio potrebbe essere efficace. Ci sono due modi infatti, per guardare il paesaggio dal finestrino di un treno in corsa. Uno organizza il paesaggio che scorre ritmandolo in cadenze ripetitive, alle quali i più maniaci abbinano una particolare numerazione di pali elettrici o colonne; un altro definisce spazi nella lunga distanza perdendosi tra campi, pianure, colline e fabbriche. Il primo, penalizza lo sfondo a vantaggio di un velocissimo e quasi impercettibile particolare vicino; il secondo invece copre spazi lontani, rallenta decisamente lo scorrere delle immagini e rende invisibile ciò che ci passa davanti a breve distanza. E’ impossibile infatti fruire della visione completa di ciò che ci sta davanti. Tuttavia, la visione e le visioni, quando vengono narrate, si arricchiscono spesso del nostro mondo interiore per migliorare quello esteriore. Ciò accade anche in una realtà difficile come la nostra. Buenaventura Durruti, un anarchico spagnolo, scriveva: “Noi non abbiamo paura delle macerie. Portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. E sta crescendo proprio adesso, mentre io ti sto parlando”.
Giovanni Maletta