Con Q esordiva, nel 2000, il collettivo Luther Blissett, oggi Wu Ming. Un esordio di grande successo, in Italia come all’estero. A distanza di quasi dieci anni il collettivo torna alle sue origini con un nuovo romanzo, Altai, che di Q riprende le ambientazioni e alcuni dei personaggi. E tra battaglie epocali – Nicosia, Famagosta e lo scontro finale di Lepanto -, intrighi e scontri di civiltà il combo di scrittori bolognesi firma un romanzo avvincente che presenta tutti gli ingredienti che hanno reso Q un successo internazionale. Arrivano a Cosenza dopo un lungo corteggiamento, grazie a un’importante rete di soggetti culturali, sociali e politici che operano nel comune bruzio (Radio Ciroma, Ed.Erranti, Coessenza, Officine Babilonia, Mediateca di Cosenza) in una delle tappe del loro incredibile tour e in un gremito Chiostro di S.Chiara, che li acclama proprio come una rock band di ultima generazione. Wu Ming 1 Wu Ming 5 parlano appassionatamente del nuovo romanzo, sottolineando il potere catartico che la gestazione di Altai, dopo sommovimenti interni al collettivo e il senso di un ciclo che si stava compiendo, ha avuto nei quattro superstiti. “Avevamo bisogno di raccontare lo sforzo di cambiare il mondo, al centro di Q, in chiave più problematica e con un protagonista diverso, non più lo straniero senza nome, un rivoluzionario di mestiere”. Introspezione psichica dei protagonisti e narrazioni con dei flashbacks sulla responsabilità che i loro scritti ebbero nel movimento italiano a seguito del G8 di Genova, i Wu Ming sottolineano l’importanza di leggere i loro lavori non solo in chiave politica ma aprendo i testi a più letture possibili, si confrontano con i presenti su licenze libere, condivisione di saperi e criticità politiche e sociali attuali. Ci ricordano che la Storia è sempre comunque l’ordito delle “storie”, quelle di cui abbiamo bisogno per capire il nostro senso nel mondo e in parte esperirlo, che la materia della loro letteratura è resiliente, morbida all’esigenza di una narrazione dove gli aspetti legati all’attualità hanno la stessa profondità del respiro legato all’antico: fondono fra le pagine di Altai che scorrono sulle note degli Amanita, un affresco unico in cui il comune denominatore di passato e presente è il Potere e il suo esercizio, dimostrando come i grandi poteri possono nei secoli ripartirsi diversamente le proporzioni degli equilibri, ma restano i cardini su cui ruotano le larghe sorti della civiltà.
[…]Il passaggio dalle azioni spericolate di «Q» alle guerre combattute nella coscienza delle persone, prima che nei campi di battaglia di «Altai», si può leggere in diversi modi. C’è sicuramente lo spirito di questi anni, fatti di passaggi profondi eppure mai connotati da immaginari di «battaglia campale».Le grandi masse di «Q» e il movimento dei movimenti lasciano il posto alle contaminazioni e alle riflessioni. L’armata di contadini è rimpiazzata da una ciurma di pirati baresi che imperversa nei mari del Levante.
Si tratta anche di una prova di maturità dell’atelier narrativo bolognese, un passaggio ulteriore lungo la corda tesa che si regge tra le due sponde del complesso equilibrio tra l’avventura e i grandi temi filosofici e politici, l’esplorazione del romanzo di genere e la riflessione su quella che Walter Benjamin avrebbe chiamato la «rammemorazione delle nostre sconfitte». I quattro senza nome continuano la loro avventura in mare aperto costruendo una gerarchia temporale che va oltre la storia a due dimensioni e che ricostruisce legami e connessioni nel tempo e nello spazio.
«Quello che manca in ‘Altai’, evidentemente, è una visione prometeica, apocalittica – dice ancora Wu Ming 4 – l’idea di una grande scommessa morale sulla Storia, che invece permeava tutte le pagine di ‘Q’».
Bisogna quindi tuffarsi in questo libro dieci anni dopo la fine del Novecento, Seattle, «Q», e nel bel mezzo della crisi del mondo come lo abbiamo conosciuto. Abbandonando i porti conosciuti, e persino rinunciando alla tentazione di fermarsi al primo approdo. «Solcare il mare è come attraversare il deserto. Sono spazi liberi, aperti a mille possibilità», dice Ismael a Manuel Cardoso interrogando il Mediterraneo con uno sguardo. «Eppure senza un approdo non si farebbe che andare alla deriva», obietta Cardoso. Ma non ottiene alcuna replica.
Il settimanale Carta, nell’edizione del 13-19 novembre, ha dedicato ad Altai uno speciale di 4 pagine, cogliendo l’occasione per ricordare Valerio Marchi (al quale il romanzo è dedicato): «sociologo e analista delle culture metropolitane, libraio di strada e collaboratore di Carta, scomparso improvvisamente nel luglio del 2006.»
Di seguito riportiamo la conclusione del lungo articolo firmato da Giuliano Santoro. La versione integrale, in formato PDF, si può scaricare da qui.
Coessenza – Edizioni Erranti – Radio Ciroma – Mediateca della Biblioteca Civica di Cosenza – Officine Babilonia presentano: Altai di Wu Ming, alla presenza degli autori